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Sono nata figlia di un'alcoolista.
Sono nata fortunata.
Se penso a come era mia madre, quando ero piccola, ricordo principalmente una mamma triste. Mamma non era mai felice, nemmeno quando rideva. La tristezza era ciò che io vedevo nei suoi occhi in ogni momento. La consapevolezza che mia madre soffrisse era una costante. C'era molta rabbia, violenza, solitudine e vergogna, ma ad oggi ciò che ricordo meglio di mia madre nei miei primi anni, sono le sue lacrime. 
Ad un certo punto, per via della salute e della concreta possibilità di perdere la custodia delle figlie, mamma è stata obbligata ad entrare in terapia. Ma nella parola "obbligata" si cela l'illusione che un malato possa essere indotto con la forza a smettere di bere per sempre e io non ho mai pensato che fosse così. Non sapevo se mamma sarebbe tornata a bere, ma l'idea che dovesse provare a smettere anche in ragione delle sue figlie, per me è stato fondamentale. Per la prima volta ho sentito che stava cercando di scegliere noi invece dell'alcool. Ma era solo il primo passo di un percorso lungo e molto doloroso, e ho dubitato che mia madre potesse smettere di bere, non per sfiducia o pregiudizio, ma perché non ho mai dato per scontato ciò a cui ha dovuto rinunciare, il sacrificio che ha fatto e l'immenso dolore che ne è scaturito.

Se penso a come è mia madre oggi, ora che sono adulta, penso ad una donna piena di vita, di interessi, passioni e progetti. Ho davanti agli occhi il suo sorriso che è il più bello che io abbia mai visto. Grazie alla terapia so che lei era già tutte queste cose, anche quando beveva. Quella mamma triste piangeva perché l'alcool copriva tutto, offuscava e minava qualsiasi luce dentro di lei, le impediva di provare amore al di fuori della dipendenza e manteneva sempre viva e aperta ogni ferita. Oggi il suo sorriso è quello di una donna libera da queste catene e benché dalla malattia non si guarisca, però è possibile accettarla.

Sento di essere stata fortunata perché a causa della malattia di mia madre abbiamo conosciuto la terapia. Grazie al Gruppo mi è stato subito chiaro che la terapia non fosse qualche cosa di astratto, ma era ben concreta e visibile, era Il Gruppo stesso: tutte quelle persone che ogni giorno cercavano di guarire le ferite, di curare il proprio dolore e di ricominciare a vivere. Sento di essere fortunata perché in terapia, su quelle piccole sedie di legno, ci viene insegnato e mostrato ciò che da nessuna altra parte viene detto in modo così diretto e onesto. Si impara che perdonare non solo è possibile ma è anche necessario, che il dolore si può alleviare e ciò che si è allontanato si può ricongiungere. La terapia ci ha dato la possibilità di scoprire che l'amore è davvero la risposta a questa malattia perché è l'unica cosa che può rempire il vuoto che la malattia stessa provoca. Con forza, dolore e amore mia madre riscatta ogni giorno se stessa da una vita che non ha mai potuto gestire davvero, lungo la quale non ha mai potuto scegliere o valutare con lucidità, una vita in cui la malattia aveva orientato e condizionato ogni cosa. Questo ha reso possibile che io crescessi con gli strumenti necessari per riconoscere, accettare e lavorare sulla mia di malattia. 
Da piccola temevo che i dolori subiti a causa dell'alcool sarebbero stati quanto di più intenso io avrei mai provato per sempre. Oggi invece nessuna emozione è per me paragonabile a ciò che provo quando vedo mia madre sorridere felice, libera, viva.
Sarò sempre grata alla terapia, al Gruppo, al Dottore, e a mia madre, che da oltre ventiquattro anni sceglie ogni giorno di non bere.

Una figlia.